La preghiera è stare in silenzio in un bosco (Rigoni Stern)

Ripensavo, in questi giorni di forzata clausura, al commento di FrancaRita riguardo le paure che incutono i boschi in contrapposizione alla quiete a cui il mare rimanda.

Visto che probabilmente in un’altra vita son morta annegata devo ammettere che nonostante i lati negativi (insetti, ragnatele, ostacoli nascosti, rovi, eccetera) ritorno al bosco sempre molto volentieri e non mi incute poi troppa paura l’idea di starmene distesa ai piedi di un albero, nell’attesa che la natura mi inglobi.

Il mare invece non riesco proprio a farmelo piacere e pur avendolo vicinissimo ci vado abbastanza di rado e solo se mi sento nella giusta predisposizione d’animo.

La nostra ultima gita, prima di entrare in zona arancione con tutto ciò che questo si porta dietro, è stata alla faggeta di Canfaito che è famosissima per il meraviglioso foliage che la caratterizza.

E in effetti le promesse di magia e bellezza sono state tutte mantenute, perlomeno fino ad una certa ora, perchè poi i visitatori sono aumentati in maniera esponenziale tanto che non si riusciva più a girare nè a piedi nè con le macchine nei parcheggi.

Sono dovuti intervenire i vigili e abbiamo saputo che la settimana successiva hanno deciso di chiudere completamente il parco a causa dei troppi accessi.

Non è chiaro se sia la pubblicità martellante sui siti turistici o il bisogno delle persone di uscire di casa a creare questi fenomeni di massa, fatto sta che noi personalmente abbiamo rinunciato a visitare il borgo di Elcito e dopo pranzo ce ne siamo tornati mesti verso casa, consapevoli di aver di fronte un inverno difficile.

Per quel che mi riguarda, essendo un filino iposocializzata ed avendo una fifa matta di ammalarmi, non faccio fatica a rispettare le regole che ci vengono imposte ma ammetto che sono parecchio in sofferenza per questa cattività imposta ai ragazzi e pur ripetendomi che si tratta di un periodo circoscritto tendo a lasciare che facciano un po’ quello che vogliono (sempre entro i limiti) perchè stare isolati non gli fa bene per niente.

Ultimamente mi capita di faticare ad addormentarmi la sera ed ho riscoperto il piacere di ascoltare la musica con le cuffiette.
Ascolto le canzoni di quando ero ragazza e posso constatare con piacere che mi emozionano allo stesso modo.

Le registrazioni di certe esibizioni dal vivo dei Rem, degli U2 o dei Depeche Mode sono così intense e potenti da trasmettere energia anche a vent’anni di distanza.

Credo ci sia qualcosa di prodigioso in questi rituali collettivi.

L’entusiasmo, la gioia, la commozione che scaturiscono da un concerto (ma anche da uno spettacolo teatrale o dalla proiezione di un film o dal ballo o da una messa e probabilmente dalla cosiddetta movida) agiscono come una medicina sociale i cui effetti raggiungono in modo diretto e indiretto l’intera comunità.

Credo sia stato il bisogno di questa energia sociale ad animare le cantate dai balconi che tanto mi irritavano la primavera scorsa e a cui invece ora guardo con molta più indulgenza e comprensione.

E’ esattamente con le pile scariche che mi sento e che percepisco le persone attorno a me.

Si tentano piccole ricariche domestiche che un po’ funzionano ma durano così poco.

Ho quasi paura a sprecare l’entusiasmo così lo ricaccio indietro in attesa di migliori occasioni e vado avanti col cuore pesante come tutti.

Tanto passerà prima o poi.

Stay strong !

A prestissimo

azimut

La mia casa in inverno è come me.
Un entità in attesa.

Seccume, vuoti, trascuratezze e quell’assenza di verde che la depriva del suo significato.

Fortunatamente è stato un inverno di sole  (anche se a dire il vero non si è scherzato nemmeno col ghiaccio !) che per me è una sorta di farmaco salvavita.

A volte basta che ci sia la luce giusta sulle cose per riportarmi a ciò che sono.

Probabilmente nella mia testa c’è un qualche congegno che funziona ad energia solare.

Mi basta gironzolare per il giardino e pregustarmi la primavera imminente per sentirmi felice.

In serra nel primo pomeriggio si toccano quasi quotidianamente i trentacinque gradi e questo ne fa il luogo ideale dove andarsi a scaldare le ossa.

La cosa buffa è che per quanto io ricerchi una solitudine assoluta e perfetta, non c’è nulla che possa impedire al mio popolo felino di raggiungermi.

E’ sufficiente che mi accucci in un qualsiasi angolo di giardino, fingendomi foglia caduta o pianta silenziosa per veder comparire gatti  da ogni direzione.

I più audaci si avvicinano, gli altri si posizionano in punti strategici e ci scrutano con finta indifferenza.

Suppongo sia questo loro reticolo di sguardi ed energie a reggere il mondo e non c’è giorno che io non sia grata al destino per avermi portata in questo posto così incredibilemente gatto !

Altra scorpacciata di energia me la regalano i primi intrepidi fiori che han fatto capolino qua e là.

Le viole la mattina son praticamente surgelate eppure resistono e profumano anche.

Tra i miei troppi progetti2020 c’è quello di impostare un giardino invernale così che il prossimo anno ci sia una desolazione più contenuta.

Qualche crisantemo, un po’ di ciclamini…sono fiori che non amo particolarmente ma penso sia arrivato il momento per iniziare a farlo.

Dentro casa comunque finisco col cercare le stesse cose che cerco fuori.

Fiori e gatti.

Il mio povero Cogny ( Incognito I ) vive una convalescenza a dir poco regale dopo una disavventura che lo ha visto tornare ferito, spaventato e carico di una puzza immonda alla quale non riusciamo a trovare un rimedio efficace.

Supponiamo sia rimasto chiuso in qualche capanno di contadini ma non riusciamo a spiegarci la provenienza di questo odore stranissimo che ci ha portato in casa.

Gli ho ceduto la mia poltrona-trono pensando si trattasse di una ripresa veloce, invece sembra gli piaccia un sacco giocare al tiranno!

La pietà comunque non mi impedisce di cacciarlo quando la sera è ora di metter mano al telaio.

La mia Alice prende vita giorno dopo giorno, anche se a casa nessuno sembra riuscire ad identificare le figure che fanno capolino sullo sfondo.

– Cosa ti sembra ?- domando io speranzosa a chiunque mi capiti a tiro
– Mmmmmmm ?? …è un frutto ??-
– Ma come un frutto ?! Ma per quale assurdo motivo ti sembra un frutto quando si tratta di un meraviglioso pappagallo ?!!- replico con un filo di isteria

E niente, poi generalmente scatta la rissa e visto che si tratta solo di una perdita di tempo sto cercando di educarmi a far girare di più l’ago e meno la lingua.

Sob.

Fortuna che la dieta la comincio nel duemilaventuno, così posso fare tutti i dolci che mi piacciono un sacco (tipo questo: arancia e semi di papavero dal libro di California Bakery. Per me meglio senza salsa) e mangiarmeli senza rimorsi di coscienza !

E che dire di questi strepitosi ravioli che mi risollevano da tutti i fallimenti del pane.

Ho pensato che forse per trarre gioia dall’impastare potevo buttarmi su qualcosa di più semplice e quindi ho messo mano alla sfoglia, da tirare rigorosamente a mano.

E non è mica così difficile come pensavo.

Per questa mia prima volta ho preferito concentrarmi sulla realizzazione della pasta, quindi ho optato per un ripieno ultra rapido ricotta e pesto e poichè anche l’occhio vuole la sua parte mi sono impuntata ad usare lo stampino rotondo ma oggettivamente crea un sacco di scarto e ruba un sacco di tempo.

La prossima volta farò tutto diversamente ma sento che questo sarà l’anno che mi riporterà in cucina.

Nel bene e nel male.

Proprio per non farmi mancare niente, dopo essermi innamorata di questa coperta trovata su Ravelry ( Battemberg Blanket ) ho deciso di farne una enorme per il mio letto.

Ho forse bisogno dell’ennesima coperta ?
Non credo proprio ma è più forte di me e chi sono io per oppormi a me stessa ?

E’ evidente che avrò un sacco da fare quest’anno!

Se non mi trovate qui sapete dove immaginarmi 😉

A prestissimo