fuori dal tempo

Ho un sacco di foto antecedenti a queste ma per una questione di mole ancora non ho messo mano alla ripulitura, quindi cronologicamente vado un po’ a casaccio ma sarà bello tra un mese riguardare le foto dell’estate più calda che io ricordi.

Qui siamo a Dozza, borgo dei murales, dove il tempo è stato abbastanza inclemente ma noi non siamo tipi che si fanno spaventare da quattro gocce e un po’ di fresco!

Dopo esserci stata ho scoperto che questi borghi dei murales vanno un po’ di moda; ce ne sono ovunque e altri nascono dal niente suppongo per una questione di attrattiva turistica.

Vecchie case, un museo, parecchi ristoranti e fiumane di visitatori sono gli ingredienti base di questi paesini dove il verde è curatissimo in ogni balcone e finestra ma nessun abitante sembra aver voglia di affacciarsi.

Acqua ne abbiamo presa abbondante, soprattutto dopo che all’uscita del museo non abbiamo ritrovato il nostro unico ombrello 🙁

Però devo dire che ne è valsa la pena.

I murales sono strepitosi e la Rocca Sforzesca, che è diventata casa museo, è davvero uno splendore.

Essendo sostanzialmente una donna dell’ottocento, queste dimore ferme nel tempo sono letteralmente casa mia!

I ritratti nobiliari, gli arazzi, le poltrone ricamate, tutto è stato conservato e valorizzato nel migliore dei modi.

Certo poi nei sotterranei ci sono le immancabili prigioni, le sale di tortura e tutto il resto ma ogni tanto si può far finta che il mondo sia migliore di come è veramente e sentirsi almeno un po’ felici.

Fortuna che in una remota stanza abbiamo scoperto Frystan, un drago dormiente che sembra essere il protettore ufficiale della città, nonchè mascotte di una manifestazione culturale che si svolge a Dozza tutti gli anni.

Questo povero drago mi ha molto immalinconita a dire il vero, perchè da quando i miei bambini non sono più bambini, tutte queste storie fantastiche campate dal nulla mi irritano abbondantemente.
Sono diventata cinica?
Sono diventata insensibile, irritabile, pragmatica e realista?
Non so, forse sono tornata ad esserlo ma nel mio lungo peregrinaggio per borghi italiani ho notato che la storia viene ampiamente manipolata a favore di un turismo sempliciotto a cui piace sentirsi raccontare storie che fanno esclamare “oohhhh” a tutto il gruppo ma che sono tutte uguali e pericolosamente simili a tanti canovacci televisivi.

E quindi niente, io di questo drago farlocco sono riuscita a vedere soltanto i difetti di realizzazione mentre la bambina accanto a me sgranava gli occhi stupefatta.

Sono irrimediabilmente una vecchia cinica.

Molto meglio il piano dedicato al contemporaneo, dove era allestita una bellissima mostra di Claudio Cricca, fotografo di grandissimo talento.

Splendide anche le grandi cucine dove ancora è palpabile la confusione che stava al cuore del palazzo, con le sue pentole, le innumerevoli brocche e un camino enorme che racconta la storia vera di uomini e donne che vivevano un’esistenza di fatica ma di comunità e lavoro condiviso.

I murales sono davvero tantissimi, quindi mi limito ad una carrellata di quelli che più mi sono piaciuti.

E ora, anche se ne avrete le tasche piene di foto e cianfrusaglie, aggiungo qualche curiosità su Palazzo Tozzoni di Imola dove, non paghi della piccola Dozza, ci siamo fermati un paio d’ore sulla strada del rientro.

Della città, a parte il Duomo abbiamo visto ben poco sia perchè pioveva e noi continuavamo ad essere senza uno straccio di ombrello, sia perchè in realtà ci siamo fermati completamente impreparati, quindi abbiamo preferito dedicarci al museo piuttosto che girare allo sbando sotto l’acqua.

Palazzo Tozzoni è una elegantissima dimora immobile nel tempo, donata dagli eredi alla città (in uno slancio di generosità che io non avrei mai avuto) ed entrata a far parte del circuito dei musei civici.

La sala da pranzo, il salottino con le cose del cucito e del ricamo ma soprattutto lo studiolo mi hanno riportato al calore di una famiglia che ha condiviso gli stessi spazi per cinque secoli.

Ben più triste la storia di Orsola Bandini, morta di infelicità dopo aver perso per malattia il figlio piccolo e immortalata in un inquietantissimo manichino che il marito volle accanto a sè per tutta la sua esistenza.

Ora, non so anche qui quanto ci sia di vero e quanto di romanzato, ma questo manichino è una delle cose più inquietanti che abbia mai visto e spero vivamente che la storia che nasconde sia diversa da quella che ci raccontano perchè il povero marito Giorgio si meritava una vedovanza più spensierata.

Insomma, tirando le somme, a costo di scadere nel banale, ci tengo a dire che ogni volta che metto i piedi fuori di casa per visitare una qualsiasi cittadina raggiungibile in giornata, resto sbalordita da ciò che trovo.
Mai che sia rimasta delusa.
Anche il borgo più piccolo o la provincia meno nota hanno un’offerta museale pazzesca e patrimoni storici che andrebbero molto più pubblicizzati, perchè a dire il vero, non c’è mai una gran fila in biglietteria.

A presto

La preghiera è stare in silenzio in un bosco (Rigoni Stern)

Ripensavo, in questi giorni di forzata clausura, al commento di FrancaRita riguardo le paure che incutono i boschi in contrapposizione alla quiete a cui il mare rimanda.

Visto che probabilmente in un’altra vita son morta annegata devo ammettere che nonostante i lati negativi (insetti, ragnatele, ostacoli nascosti, rovi, eccetera) ritorno al bosco sempre molto volentieri e non mi incute poi troppa paura l’idea di starmene distesa ai piedi di un albero, nell’attesa che la natura mi inglobi.

Il mare invece non riesco proprio a farmelo piacere e pur avendolo vicinissimo ci vado abbastanza di rado e solo se mi sento nella giusta predisposizione d’animo.

La nostra ultima gita, prima di entrare in zona arancione con tutto ciò che questo si porta dietro, è stata alla faggeta di Canfaito che è famosissima per il meraviglioso foliage che la caratterizza.

E in effetti le promesse di magia e bellezza sono state tutte mantenute, perlomeno fino ad una certa ora, perchè poi i visitatori sono aumentati in maniera esponenziale tanto che non si riusciva più a girare nè a piedi nè con le macchine nei parcheggi.

Sono dovuti intervenire i vigili e abbiamo saputo che la settimana successiva hanno deciso di chiudere completamente il parco a causa dei troppi accessi.

Non è chiaro se sia la pubblicità martellante sui siti turistici o il bisogno delle persone di uscire di casa a creare questi fenomeni di massa, fatto sta che noi personalmente abbiamo rinunciato a visitare il borgo di Elcito e dopo pranzo ce ne siamo tornati mesti verso casa, consapevoli di aver di fronte un inverno difficile.

Per quel che mi riguarda, essendo un filino iposocializzata ed avendo una fifa matta di ammalarmi, non faccio fatica a rispettare le regole che ci vengono imposte ma ammetto che sono parecchio in sofferenza per questa cattività imposta ai ragazzi e pur ripetendomi che si tratta di un periodo circoscritto tendo a lasciare che facciano un po’ quello che vogliono (sempre entro i limiti) perchè stare isolati non gli fa bene per niente.

Ultimamente mi capita di faticare ad addormentarmi la sera ed ho riscoperto il piacere di ascoltare la musica con le cuffiette.
Ascolto le canzoni di quando ero ragazza e posso constatare con piacere che mi emozionano allo stesso modo.

Le registrazioni di certe esibizioni dal vivo dei Rem, degli U2 o dei Depeche Mode sono così intense e potenti da trasmettere energia anche a vent’anni di distanza.

Credo ci sia qualcosa di prodigioso in questi rituali collettivi.

L’entusiasmo, la gioia, la commozione che scaturiscono da un concerto (ma anche da uno spettacolo teatrale o dalla proiezione di un film o dal ballo o da una messa e probabilmente dalla cosiddetta movida) agiscono come una medicina sociale i cui effetti raggiungono in modo diretto e indiretto l’intera comunità.

Credo sia stato il bisogno di questa energia sociale ad animare le cantate dai balconi che tanto mi irritavano la primavera scorsa e a cui invece ora guardo con molta più indulgenza e comprensione.

E’ esattamente con le pile scariche che mi sento e che percepisco le persone attorno a me.

Si tentano piccole ricariche domestiche che un po’ funzionano ma durano così poco.

Ho quasi paura a sprecare l’entusiasmo così lo ricaccio indietro in attesa di migliori occasioni e vado avanti col cuore pesante come tutti.

Tanto passerà prima o poi.

Stay strong !

A prestissimo