Volgiti indietro, e tien lo viso chiuso: che se il Gorgon si mostra, e tu il vedessi, nulla sarebbe del tornar mai suso.


Tra tutti i personaggi storici pesaresi che ho conosciuto in questi vent’anni di permanenza il mio preferito in assoluto è Ferruccio Mengaroni.

La sua storia è così tragica e singolare che mi stupisco sempre di non vederla ricordata e citata in ogni angolo di questa città (che purtroppo sembra essersi completamente votata al culto di Rossini).

Ragazzino turbolento ed estroverso, venne cacciato da diverse scuole, tanto che il padre ingegnere decise di mandarlo a bottega presso un noto laboratorio di ceramica.
Una scelta decisamente azzeccata visto che proprio in quest’arte il caro Ferruccio scoprirà il suo talento.
Divenne così un personaggio stravagante e carismatico.
Superstizioso, burbero e anarchico, riuscì ben presto ad aprire una propria fabbrica nella quale oltre alle ceramiche tradizionali, produceva le sue monumentali opere.


La più famosa è questa Medusa, che ispirata a quella del Caravaggio, riproduce il volto del Mengaroni stesso.
Durante i preparativi per un concorso alla Villa Reale di Monza la cassa contentente quest’opera (dal peso di dodici quintali) si sganciò e scivolò lungo la scalinata dove travolse e uccise il Mengaroni che si era slanciato per tentare di salvarla.

Ci lascia questa storia incredibile, molte opere sparse per l’Italia e quel suo volto pietrificato tra le serpi.


Il Menga, che per me è una perfetta metafora della vita, mi capita di immaginarlo su quella scala, vittima di un istinto quasi paterno e a lui penso ogni qual volta mi ritrovo a reggere una delle mie tante casse con entrambe le mani, sperando di non venirne travolta e allo stesso tempo cercando disperatamente di salvarla, anche se poi spesso mi tocca di rassegnarmi, scansarmi e poi mettermi in ginocchio a raccogliere i cocci.

Ma tutto appare più facile quando c’è una primavera che bussa alle porte.

Si ricominciano le camminate mattutine e si diventa improvvisamente consapevoli dell’avvenuto cambio di stagione.

La zona mare si risveglia, in centro ci sono i pullman delle gite e si cominciano a pubblicizzare gli eventi e le sagre che animeranno i dintorni nei prossimi mesi.

In realtà queste foto sono un po’ vecchiotte, le avevo caricate il mese scorso ma poi non ho mai trovato il cosiddetto buzzo buono per mettermi a scrivere, quindi è già più primavera di quella che vedete, anche se a dire il vero il tempo ha fatto abbastanza schifo in quest’ultimo periodo.


Anche il mio giardino e il mio orto sono decisamente più avanti di quello che mostrano le immagini.
Ho piantatato i pomodori, le zucchine e i piselli sono già rigogliosi.


Mia figlia e il suo moroso han messo su due alveari e si aggirano furtivi con le loro tute gialle e tanta voglia di imparare un mestiere per me misteriosissimo.

Per fare onore a questa loro passione mi sono ripromessa di combattere la mia avversione nei confronti del miele e di tutti i suoi derivati ma la vedo parecchio dura.

Intanto, come mio solito, ho ripiegato sui libri e sto scoprendo meraviglie sulla società delle api ma questo non me le rende comunque amiche, anche se gli sono ugualmente grata perchè da quando ci sono, i ragazzi vengono spesso qui a fare merenda e questa è la cosa più positiva della faccenda.


Le mie orchidee sono tutte in fiore e non so perchè ma è una cosa che mi fa sentire molto bene.
La vivo come una sorta di riconoscimento per l’amore che da vent’anni investo nella loro cura.

Quando ero alle prime armi ho raccolto un sacco di cadaveri e per quanto queste benedette piante non mi fossero necessarie mi sono intestardita nel coltivarle e non c’è giorno in cui io non sia orgogliosa di aver mantenuto questa passione.

Le loro fioriture (a volte a sorpresa, spesso lunghissime) sono un vero e proprio toccasana per il mio umore e la loro sola presenza mi rimette in pace col mondo e con me stessa.


Da quando son diventata vecchia i tramonti mi emozionano sempre di meno, anzi quasi per niente, ma non posso fare a meno di fotografarli, forse per una sorta di istinto radicato da troppo tempo dentro di me.

Dunque vi lascio con questo che ha dell’incredibile e che si è ripetuto per più e più giorni.


Buona primavera!


cronache da un altro mondo

Nella vita tutto, tranne la coltura delle orchidee, deve avere uno scopo…dice Nero Wolfe.

Anche se a pensarci bene invece, la maggior parte delle cose che faccio e che mi appassionano non ha un vero e proprio scopo, se non quello di regalarmi un po’ di bellezza con cui riempirmi gli occhi.

Ora, ditemi voi se questo non è il fiore più straordinario che abbiate mai visto… non ancora del tutto disteso nei petali ma perfetto nella sua temporanea solitudine.

Io ovviamente sono gasatissima perchè la povera Giulietta ( così si chiama ) faceva parte di un programma di recupero piuttosto azzardato che ha coinvolto alcune delle mie orchidee più restie alla fioritura.

Poichè ero stufa di vedere sempre e solo foglie ho deciso di tentare la conversione ad idrocoltura e dopo un anno preciso posso dire di essere davvero contenta del risultato.

(Megalomane come sono, già mi vedo a coltivar le specie più rare e ricercate arrivate dentro misteriose bottigliette direttamente dalla Thailandia 😉 )

Ma restando coi piedi per terra mi sbilancio nel consigliarvi questo tipo di conversione, perlomeno se avete delle piantine messe male o dormienti.

E’ semplicissimo, basta procurarsi un barattolo di vetro, qualche pezzetto di carbonella ( lavato sotto acqua corrente ), acqua demineralizzata e via… eliminate il substrato, lavate bene le radici e mettete in acqua a sfioro ( il colletto della pianta non deve essere immerso ).
La carbonella va aggiunta all’acqua e ritarda la formazione delle alghette verdi, l’acqua va rabboccata e ogni tanto cambiata completamente, io quando la cambio metto con il contagocce un pochino di concime specifico, tutto qua.

Ovviamente molta luce ma mai diretta, no correnti d’aria e tutte le altre accortezze che vanno riservate alle orchidee… pazienza compresa.

E cosa c’è di più inutile e superfluo del ricamo ?

Si lo so che già ve l’ho mostrato mille volte ma questo mese il mio quadro è sulla copertina del gruppo italiano della Heaven and Earth Designs e quindi, non avendolo ancora fatto incorniciare, ho dovuto improvvisare questo sfondo nero col photoshop che mi piace molto, ragion per cui lo posto e lo riposto un po’ dappertutto sui miei social, sempre per quella questione della megalomania di cui parlavo sopra.

Il nuovo quadro, che è uno schema fuori commercio dell’artista giapponese Shu Mizoguchi, sembra procedere speditamente, non so se  per l’entusiasmo iniziale o per il superamento dei molti errori che hanno caratterizzato la mia prima esperienza.

Ora oltre ad usare un solo filo, cosa che rende il lavoro moooolto più scorrevole, ho imparato ad utilizzare entrambe le mani e a memorizzare piccole parti dello schema, così da non dover continuamente spostare gli occhi sul foglio.

Certo, anche le energie magiche con cui il gatto Birra imbeve i miei fili, fanno la loro parte !

Vediamo quanti anni ci metto !

Le cose di lana invece non sono mai superflue, soprattutto per una che sente sempre freddo.

Questo giro mi sono lanciata nella missione impossibile dello steek, ovvero una maglia lavorata in tondo che poi viene tagliata nel mezzo per essere trasformata in cardigan…oppure, nel caso lo steek vada male, credo si possa buttare nell’umido.

A spasso devo dire che siamo andati poco in queste ultime settimane.

Pioggia, freddo, compiti in classe…tutto rema contro di noi!

Abbiamo fatto un giro qualche giorno fa per assistere a questo evento chiamato “Rossini al cubo” dove un ragazzo parecchio geniale ha realizzato un ritratto di Rossini utilizzando cubi di Rubik.

Un’invenzione davvero originale, che ora fa bella mostra di sè a Casa Rossini, ma devo ammettere piuttosto noiosa da guardare nella sua realizzazione, tanto che quando abbiamo optato per andarci a riscaldare con una bella cioccolata ci siamo ritrovati di fronte ad una serie di bar letteralmente stracolmi.

E subito, io e il Capo, che siamo nati vecchi, siam partiti con una approfondita analisi del fenomeno gioventù in sala da tè: una cosa totalmente sconosciuta ai nostri tempi ma che ora sembra di gran moda, quantomeno qui a Pesaro.

Orde di giovani, compresa nostra figlia, che stazionano per ore, di pomeriggio, dentro le caffetterie ( che infatti aumentano di numero in modo esponenziale ) mentre noi si stava sempre in giro o in piazza, anche in inverno col freddo, perchè i bar erano soprattutto posti per anziani e le birrerie erano aperte solo di sera.

Ma quanto son fortunati questi ragazzini sempre al caldo!
O forse no 😉

E a proposito di anzianitudine ecco subito una bella foto di compleanno per il nostro Capo supremo, che a conferma della sua raggiunta maturità ha avuto in regalo uno splendido seghetto alternativo che però userà soprattutto per i lavori inerenti al progetto 2019 che gli commissionerò io a breve e che saranno inevitabilmente al centro di qualche post primaverile.

Nel frattempo c’è stato anche chi si è fatto un viaggetto a Roma e ancora non ha rimesso a posto la valigia che è diventata una cuccetta molto ambita tra i felini di casa.

Quanto mi sarebbe piaciuto esser dentro la valigia e farmi un viaggetto pure io !

Sarà per un’altra volta…tanto questa settimana c’è il Festival di SanRemo e si sta fuori dal mondo.

Temo riemergeremo quando finalmente la primavera darà qualche avvisaglia.

Buona settimana