La fame non vide mai pane cattivo. (Benjamin Franklin)

Negli ultimi dieci anni credo di essere cambiata moltissimo.

Un cambiamento che non è casuale ma frutto di un intenso lavorìo interiore.

Sono diventata più paziente, più complice, meno egoista e anche più attenta a ciò che mi scorre accanto.

Nonostante gli sforzi devo ammettere che non sono riuscita a diventare meno logorroica e neppure meno pigra ma spero di avere ancora un notevole margine di tempo per provarci 😉 .

Uno dei miei obiettivi in questa evoluzione è arrivare alla vecchiaia preparata.

Purtroppo gli anziani che popolano i miei giorni sono perlopiù rancorosi, scontenti e annoiati e inevitabilmente rappresentano  quello in cui non voglio trasformarmi.

Oltre a coltivare brucianti passioni che mi occupano la testa e le mani, sto costruendo piano piano un mio album mentale dei ricordi piacevoli, a cui torno spessissimo coi pensieri affinchè restino vivi e percorribili.

Qualunque sarà il mio destino, di gioia o di dolore, dentro di me ho un mondo così ricco e in evoluzione che niente mi spaventa.

E così quando me ne sto insonne nel letto, inizio a camminare nei paesaggi della mia vita ( un po’ come fa la Ally nei suoi video !)

Tra i molti a cui sono affezionata c’è quello di queste foto, che rappresentano, un po’ alla rinfusa, il tragitto che io e il Capo percorriamo ogni sabato mattina da ormai diversi anni.

La zona del porto di Pesaro a dicembre regala dei repentini mutamenti di luce che sono qualcosa di spettacolare e mentre il freddo e il fiatone mi arrossano le guance io non posso che sentirmi viva e felice.

Osservo sempre le stesse cose: i gabbiani che mendicano cibo, gli indiani che ripuliscono le reti, le finestre delle case, i pescatori solitari, le barche di lusso e mille altre cose che non mi stancano ma mi regalano piuttosto una sensazione di sicurezza e conforto.

Ed io credo sia proprio questo miscuglio di emozioni che bisogna sempre tenere nelle tasche pronto all’uso, tanto quanto lo spray per l’asma.

Con mio grande rammarico invece faccio davvero fatica a ritrovare le belle suggestioni che mi regalava il Natale.

Non so se sia un fatto di età o la deriva che questa ricorrenza ha imboccato da un po’ di tempo a questa parte  ma credo non ci sarà posto per i ricordi recenti nel mio album mentale.

Quest’anno, poichè la fanciulla di casa prestava servizio, ci siamo addirittura avventurati in quella bolgia infernale che è Natale a Mombaroccio, un bagno di folla e di neve artificiale.

Rimane inspiegabile per noi il successo di queste manifestazioni, che sono sicuramente carine ( anche se non fanno capo a nessuna tradizione ma sono inventate di sana pianta ) ma ormai invivibili a causa dell’incontrollato afflusso di persone.

Meglio stare a casa a fare il pane direte voi …

…magari, rispondo io… purtroppo la mia storia col pane è fatta di lacrime e sangue ma posso dire che sto combattendo con onore.
Sigh.

Mio figlio mi canzona dicendo che a casa nostra viviamo un’epoca storica chiamata pastamadreolitico, sappiamo quando è iniziata ma non quando finirà e soprattutto non sappiamo se l’evoluzione ci porterà finalmente a sfornare un pane commestibile che garantisca la nostra sopravvivenza.

Niente.
Le ho provate tutte.
Forno, forno a spiffero, pyrex, fornetto, cottura frigo-forno, lievitazione doppia, tripla, nel sacchetto, nella ciotola, nel cestino, col telo, senza telo, col vetro, con la plastica.

Comincio un po’ a vacillare.

Il mio pane ha SEMPRE il peso specifico di una lapide e dentro conserva un’umidità che ammazza.

Se qualcuno ha un consiglio valido è ovviamente beneaccetto.

Mi sono data il limite di un esperimento a settimana ma ormai ho preso a chiamarli fallimenti.
Un fallimento a settimana è sufficiente direi.

allora meglio stare a casa a far la maglia direte voi…

…magari, rispondo io…ho un maglione di recupero sui ferri da non so quanto tempo.

Dopo il primo giro mi casca la testa.
Matematicamente.

I miei simpatici familiari quando mi vedono prendere la borsa della maglia mi chiedono se è l’ora del riposino.
Sigh.

Ma se c’è una cosa che non mi manca è la tenacia, quindi testa bassa e andare avanti !

Spero di aver qualche orgoglio da mostrare nel prossimo post.

A prestissimo

 

Bologna ombelico di tutto

Non credo pubblicherò tutte le foto scattate quest’estate perchè rischio di tirare Natale ma a queste di Bologna tengo particolarmente, perciò eccovene una bella vagonata !

Per un certo periodo di tempo Bologna è stata la città dove io e il Capo, morosi a distanza, ci incontravamo.
Ci aspettavamo alla stazione e poi facevamo delle scarpinate epocali su e giù per il centro.

Probabilmente eravamo così presi da noi stessi che il paesaggio passava in secondo piano perchè ancora oggi, a distanza di vent’anni e dozzine di viaggi, ci son cose che mi sembra di vedere per la prima volta.

Anche Bologna è cambiata negli anni; non ai livelli di  Milano che ti ricorda quanto sei povero e provinciale ad ogni passo, ma mettendo su gli stessi negozi di ovunque, vestendo le persone tutte allo stesso modo e ammantandosi di una inquietante uniformità.

Eppure, sotto sotto, conserva quel nonsoché di spontaneo e sincero che ancora me la fa piacere più di ogni altra provincia.

Certo, a San Petronio un signore scorbutico ci ha subito chiesto dei soldi in cambio dell’autorizzazione a scattare foto… ma intorno c’era così tanta bellezza che l’ho perdonato all’istante.

Purtroppo essendoci andati di Lunedì abbiamo trovato parecchi sbarramenti sul nostro itinerario ma fortunatamente l’Archiginnasio era aperto, così ho potuto lasciarci un pezzettino di cuore.

L’Archiginnasio è uno di quei posti dove vorresti rimanere chiusa e dimenticata per l’eternità, a vagare nelle stanze dove migliaia di studenti hanno vagato nel corso dei secoli.

E in un posto così bello non si possono incontrare che belle persone, come ad esempio le pensionate volontarie che si prendono la briga di regalare il loro tempo al servizio degli altri e lo fanno in modo memorabile ed esemplare.

Ad impreziosire il tutto una piccola mostra su “Q”, un libro che mi ha dato molto in passato e che mi sono ovviamente ripromessa di rileggere.

Ma la gita è stata in realtà il regalo di compleanno del pargolo maschio che come ogni anno, dopo averci rinfacciato tutte le feste che gli abbiamo organizzato contro la sua volontà quando era piccolo, ci ha per l’ennesima volta spiegato cosa davvero gli piace fare e quindi via…tutti al Museo Archeologico

Qui abbiamo trovato delle sale molto belle con spiegazioni dettagliate e interessanti, altre invece un po’ così, di quelle che servono più che altro a colmare i vuoti.

Nel complesso però un ottimo Museo, ricco soprattutto per quello che riguarda la collezione Egizia, dove oltre ai nostri amati gatti, abbiamo potuto ammirare una quantità di reperti davvero enorme.

( Niente male nemmeno l’impianto di asciugatura delle ascelle 😉  )

E poi il meglio: le strade, la gente, gli studenti, i libri per strada (moltissimi libri e librerie ovunque), la musica nell’aria, il sole, i profumi del cibo e persino l’odore forte di qualche barbone sopravvissuto alle operazioni di pulizia.

Col cibo a dire il vero non siamo capitati benissimo perchè se non ti vanno la pizza e il panino ma vuoi spendere poco, devi fare i conti con la mania del chilometro zero/alta qualità/ricerca dell’eccellenza/ecceteraeccetera che invade il centro storico e quindi finisci in un ottimo self service dove tutto è buonissimo ma le quantità sono così irrisorie che quando hai finito ripensi con una fitta di rimorso al pezzo di pizza unto e stracarico rifiutato poco prima.

Dei festeggiamenti domestici non ho che qualche foto sfocata fatta col mio cellulare scrauso ma è andato tutto come al solito, il Capo ha messo le candeline sulla torta, la canzone è stata cantata e i baci sono volati… come questi sedici anni di Attilio.

Buon fine settimana