I nomi delle strade. Santarcangelo di Romagna

Incredibile, sono già qui.
Deve essere per via di questo autunno che finalmente bagna le finestre e rabbuia gli orizzonti.
Aspettarlo lo aspettavo, ma ancora mi ci devo abituare a questo istinto di stringere le spalle e star sempre con le mani nelle tasche.
Quantomeno finchè non mi farò coraggio e tirerò fuori la Lana dall’armadio, indifferente a chi ancora gira in braghette.

Le foto che vedete qui intorno sono state scattate durante una gita estiva a Santarcangelo di Romagna, il primo e unico posto delle centinaia che abbiamo visitato di cui mio figlio ha detto “vorrei vivere qui“…e questo la dice davvero lunga sull’atmosfera unica che caratterizza questo bellissimo borgo.

C’è qualcosa nella cura che i Santarcangiolesi hanno per le loro case e i loro morti che ci ha folgorati.

Le strade sono disseminate di targhe e maioliche che celebrano persone non più in vita ma presenti in modo luminoso nei ricordi di chi le ha conosciute.

Le casupole basse e colorate sono completamente circondate da piante e fiori, così come i davanzali e gli ingressi dei locali.

Passeggiare per i vicoli è una gioia e una sorpresa continua.

Tonino Guerra, tornato da Roma decise di trasferirsi a Pennabilli, (“Pennabilli per me, quando ero piccolo, era come l’Himalaya” raccontava) che plasmò con la sua estetica e la sua poesia.

Diceva che era il posto ideale per trovare se stessi ma noi ci permettiamo di dissentire poichè pensiamo che sia più la condizione emotiva che il paesaggio a favorire l’introspezione.

E dopotutto fu proprio il fervore culturale che si respirava a Santarcangelo a fare di lui un poeta.

Di lui e di molti altri (Nino Pedretti, Raffaello Baldini , Gianni Fucci, Giuliana Rocchi e ora Annalisa Teodorani) finiti tutti a cercar fortuna nel mondo.

Pur essendo una lettrice ostinata, con la poesia arranco sempre un poco.
La assumo a piccole dosi, come le medicine cattive, perchè spesso mi fa più male che bene.

Ma di certi testi mi innamoro e me li rigiro nella testa per anni, come questa poesia di Pedretti che è un gioiello preziosissimo.

I nomi delle strade

Le strade sono
tutte di Mazzini, di Garibaldi,
son dei papi,
di quelli che scrivono,
che dan dei comandi, che fan la guerra.
E mai che ti capiti di vedere
via di uno che faceva i berretti
via di uno che stava sotto un ciliegio
via di uno che non ha fatto niente
perché andava a spasso
sopra una cavalla.
E pensare che il mondo
è fatto di gente come me
che mangia il radicchio
alla finestra
contenta di stare, d’estate,
a piedi nudi.

Purtroppo sotto quel ciliegio non si fanno più tanti incontri.
Son tutti un po’ più in là, a fare aperitivi e affari, in uno spazio-tempo poco consono ai poeti.

Ma non c’è solo il glorioso passato a tener vivo questo borgo medievale.

Completamente inaspettato ci siam trovati davanti questo murales di Ericailcane che ritrae sempre questi animali umanizzati e allo stesso tempo realistici che riescono incredibilmente, nel giro di un tempo brevissimo, a riportarti alle favole ascoltate da bambino e immediatamente dopo a rigettarti nella più brutale attualità.


Un poco fuori dall’abitato, anche se noi non abbiamo fatto in tempo a visitarla, c’è Mutonia, una comunità di artisti che creano sculture e performance cyberpunk con scarti industriali.
In effetti, a dirla tutta, io e il Capo non è che ci siamo proprio affrettati per andare a vederla, perchè ormai abbiamo una certa età e una certa consistenza e per i luoghi trasgressivi o particolarmente eccentrici non siam più molto portati.

Però è probabile che ci ripasseremo in occasione di qualche evento

Insomma, di posti del cuore ormai ne abbiamo parecchi e questo ci rende assolutamente invincibili.

Se a questo aggiungiamo tutti i bei film, i libri e le risate di questo periodo praticamente possediamo i super poteri!

Felice autunno

La vita tranquilla

Febbraio è volato tra canzonette, vetri gelati e un sole meraviglioso, capace di mostrarmi il mondo nella giusta luce.

Un mondo che capisco sempre meno, a dire il vero, ma su cui sono ancora contenta di posare i piedi.

Le passeggiate nella campagna che circonda casa sono ancora molto in voga, anche a lockdown terminato.

Ci piace cacciare il naso nei ritmi dell’agricoltura e della natura.
Vedere i primi boccioli sui peschi e ma anche i nuovi impianti o le migliorie apportate negli orti.
Questi signori anziani che passano ogni minuto libero chini sulla terra a riversare le esperienze di una vita dentro solchi lunghissimi e fecondi.

Inutile dire che siamo pieni di ammirazione visto che sia io che il Capo, risaliamo dal nostro orto in lavorazione doloranti, con le mani sui reni e le imprecazioni strette tra i denti.

Tappa imprescindibile del nostro girovagare è il Gattile dei gatti liberi che sono tutti incredibilmente enormi e bellissimi.

Se non avessi già una mia popolosa colonia ne porterei a casa almeno un paio ma forse a loro piace anche starsene lì, in questo posto pieno di fiori e vuoto di umani, dove i ritmi sono esclusivamente felini e le cose sembrano funzionare alla grande.

A riempirmi di meraviglia però è stato il Nasone del mio cuore, che tra una visita e l’altra è diventato padre di una creaturina meravigliosa!

Ignorerò le infauste profezie della mia figlia ultravegana che ha straparlato di pasque e banchetti e continuerò a credere che quel gingillino bianco sia destinato ad una lunga vita libera e spensierata, fatta solo di prati verdi e tepori di paglia.

Quando penso al fatto che abito a Pesaro da più di vent’anni non posso fare a meno di stupirmi.
Una cittadina che ho visto cambiare alla velocità della luce, di cui ancora non conosco i nomi delle vie e dentro la quale non ho difficoltà a perdermi.
Non mi sento pesarese in alcun modo, così come fatico a provare un’appartenenza per qualsiasi cosa (nazione, regione, squadra, famiglia).
Non ho posti speciali dove vorrei far ritorno o dove desidererei essere sepolta perchè tutto quello che ho di importante e prezioso lo tengo dentro la testa.

Eppure c’è questo laghettone che abbiamo dietro casa e che frequentiamo da quando i bambini erano piccoli che ha fatto breccia nel mio cuore e silenzioso ha guadagnato uno spazio ormai decisamente rilevante.

Di lui mi pace tutto.
La strada per arrivarci, i mutamenti che lo coinvolgono a seconda delle stagioni, i ragazzi che pescano sulla riva e quella sensazione di stare in una dimensione parallela, pacifica e tranquilla.

Non sapendo nuotare ho un vero e proprio terrore dell’acqua, che spesso nei sogni mi aggredisce e mi annega.
Non mi piace il mare con le sue onde imprevedibili e detesto i fiumi dalle infide correnti, il lago invece con quel suo specchio di cielo mi sembra il posto più bello dove tornare, talvolta anche solo col pensiero.

E anche se credevo di non averne bisogno ora sono contenta di avere una specie di luogo dell’anima.

Anche tra le mura di casa mi aspettano i colori sgargianti dell’ennesima fioritura della mia orchidea-mostro che con le sue dimensioni intimorisce tutte le altre e le riduce a foglie incerte e improduttive.

E poi il mio Marimo di cui non ricordo se ho già parlato ma che con delle cure davvero minime, ci regala ogni giorno l’ebbrezza di qualche voletto acquatico e il piacere di arredargli casa con tutti i ciaffetti che troviamo in giro.

E poi la mia nuova passione… ovvero lo studio dei Tarocchi, che per anni e anni mi hanno chiamata e a cui solo ora ho deciso di rispondere.

Quello delle carte è un mondo incredibile, lontanissimo dallo stereotipo del veggente e della fattucchiera.
E’ un percorso individuale di studio (talvolta molto arduo) volto soprattutto alla comprensione di se stessi.
Ma è anche un viaggio dentro l’arte che da secoli si occupa dei Tarocchi interpretandoli in centinaia di modi diversi.
Da quando bazzico le pagine Instagram dei tarologi ho scoperto che c’è una sviluppatissima vena di collezionismo che attinge a vari mercati e che la produzione di tarocchi è continua e variegata.

Io per ora mi sono procurata un mazzo dei classici Rider Waite che sono quelli utilizzati nella maggior parte dei manuali ma non vedo l’ora di essere così brava da potermi permettere la lettura di quelli più estrosi pubblicati da Lo Scarabeo.

Ma non di solo spirito vive l’uomo e quindi, dopo aver fallito l’ennesima crostata (ebbene si, Oriana, sigh), mi sono buttata su una delle cose che mi riesce meglio ovvero il pan brioche.
Adoro il processo di lievitazione degli impasti!
Penso non ci sia nulla di più affascinante di questi mollicci che si duplicano e si fanno nuvola, pronti ad accogliere il mio ripieno preferito (Nutella ovviamente).
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Avanti con la primavera ora!
A presto