cesena

Credevo che quella dello scorso anno fosse stata l’estate più calda e triste della mia vita.
Sbagliavo.
Questa estate ci cuoce, ci scioglie i pensieri e i sentimenti, svuotandoci di tutto il buono che avevamo strappato alla primavera.
Le faccende del mio micromondo mi assorbono totalmente e faccio fatica a parlare con la me serena ed equilibrata che fino ad un paio di mesi fa si vantava di avere in tasca il segreto della felicità.
Ogni giorno mi viene in mente la frase di un poster che dice
“Sono in un periodo della vita che spero sia un periodo ma invece è la vita”…
mi fa sempre sorridere ma sono abbastanza determinata a far sì che sia davvero solo un periodo.

Mio padre è morto,
impreparato e impaurito, come è stato tutta la vita.
Ha potuto guardare la morte avvicinarsi piano e fingere di essere pronto.
Di lui mi restano ben poche cose.
L’immagine di uno sconosciuto nella sua bara e la certezza assoluta di non volergli assomigliare.
E’ stranissimo pensare al fatto che non lo sentirò più dopo anni di telefonate fiume.
Immagino che questo silenzio mi porterà ad un processo di riabilitazione della figura paterna, esattamente come è successo con mia madre dopo la sua morte e questo mi garantirà il giusto distacco dalle faccende familiari e un bel ricordo edulcorato di entrambi.

Ma non ci sono solo sofferenze e lutti, questa è anche un’estate di figlie innamorate che lasciano casa ed iniziano una nuova vita al quinto piano di un palazzo del centro.
E quasi fa rumore quell’entusiasmo che avvolge i cartoni e le valigie, le foto del primo pranzo e i ritmi tutti nuovi che ci si sono appiccicati addosso e dentro cui camminiamo svelti per non fare caso ai vuoti.
Ma quanto è bello essere giovani e avere ancora tutte le scelte da fare e il coraggio per farle?!

Io, di mio, sono ormai così proiettata verso gli infiniti spazi che ho dentro da avere un po’ perso i contatti con le faccende pratiche dell’esistenza.
Scelgo, faccio e brigo ma sempre col pilota automatico inserito.
Non ho più quell’attenzione data dall’inesperienza e dalla voglia di imparare e temo sia anche per via di questa età che non mi sento ma che mi padroneggia.
Butto dentro tantissime cose, le rimugino, le macino e non so se un giorno riuscirò a trarne qualcosa di utile ma per adesso è l’unica attività che mi rende serena quindi proseguo senza troppe domande.

E’ anche un’estate di lavori dentro casa, di polvere ovunque e baccano.
Un ripetersi ossessivo di “ma chi ce lo ha fatto fare” e l’attesa impaziente di trovare il motivo nella soddisfacente conclusione del tutto che però ancora deve arrivare.
Per ora solo confusione, sporco e l’eco di tutte le bestemmie che tira il muratore.
E non c’è mondo interiore che mi salvi da tutto questo.

E grazie al cielo è un’estate di concerti ed eventi che non ha precedenti qui da noi.
Pesaro, capitale della cultura 2024, ha sfornato un programma di tutto rispetto quest’anno tanto che la nostra stima verso l’amministrazione comunale è decisamente risalita.
Mi sento abbastanza in colpa per questa mia tendenza ad ignorare la nuova ondata di Covid ma dopo averlo avuto (nonostante vaccini, precauzioni e compagnia bella) ho un po’ tirato i remi in barca e mi sono buttata a capofitto negli assembramenti perchè avevo proprio bisogno di guardare la gente e ricordarmi di come siamo diversi e bellissimi.
Avevo fame di condivisione, di applausi e confusione e anche se abbiamo dovuto ricomprare i tamponi credo che non tornerò più ad avere paura.

Nelle foto che ho scelto potete ammirare Cesena, dove abbiamo fatto una gita praticamente un secolo fa.
Non ci aspettavamo molto ad essere sinceri, invece abbiamo trovato un sacco di cose interessanti.
Un centro storico curato e animato nonostante facesse già caldo.
Guide turistiche appassionate e preparate.
Libri antichissimi pieni di meraviglie e chiese mozzafiato.
Così anche questa volta siamo rientrati felici e consapevoli del fatto che statisticamente tutte le città italiane, anche quelle che sembrano aver poco da offrire, nascondono dei tesori che meritano sempre la fatica del viaggio.

Insomma, ce la caveremmo meglio senza questo caldo dannato ma cerchiamo di tenere alto lo spirito.

Non vi racconterò della talpa catturata nell’orto e liberata lontanissimo e nemmeno di tutto il sangue che sto donando alle zanzare. Non vi dirò neppure di quanto sono buoni i miei fagiolini e i primi pomodori o di quante piante sento bisogno di avere l’anno prossimo.
Mi taccio perchè ho intenzione di scrivere uno di quei noiosissimi post sulle “cose di casa” quindi preparo il materiale e cerco di ripassare di qua.

Buona estate

La vita tranquilla

Febbraio è volato tra canzonette, vetri gelati e un sole meraviglioso, capace di mostrarmi il mondo nella giusta luce.

Un mondo che capisco sempre meno, a dire il vero, ma su cui sono ancora contenta di posare i piedi.

Le passeggiate nella campagna che circonda casa sono ancora molto in voga, anche a lockdown terminato.

Ci piace cacciare il naso nei ritmi dell’agricoltura e della natura.
Vedere i primi boccioli sui peschi e ma anche i nuovi impianti o le migliorie apportate negli orti.
Questi signori anziani che passano ogni minuto libero chini sulla terra a riversare le esperienze di una vita dentro solchi lunghissimi e fecondi.

Inutile dire che siamo pieni di ammirazione visto che sia io che il Capo, risaliamo dal nostro orto in lavorazione doloranti, con le mani sui reni e le imprecazioni strette tra i denti.

Tappa imprescindibile del nostro girovagare è il Gattile dei gatti liberi che sono tutti incredibilmente enormi e bellissimi.

Se non avessi già una mia popolosa colonia ne porterei a casa almeno un paio ma forse a loro piace anche starsene lì, in questo posto pieno di fiori e vuoto di umani, dove i ritmi sono esclusivamente felini e le cose sembrano funzionare alla grande.

A riempirmi di meraviglia però è stato il Nasone del mio cuore, che tra una visita e l’altra è diventato padre di una creaturina meravigliosa!

Ignorerò le infauste profezie della mia figlia ultravegana che ha straparlato di pasque e banchetti e continuerò a credere che quel gingillino bianco sia destinato ad una lunga vita libera e spensierata, fatta solo di prati verdi e tepori di paglia.

Quando penso al fatto che abito a Pesaro da più di vent’anni non posso fare a meno di stupirmi.
Una cittadina che ho visto cambiare alla velocità della luce, di cui ancora non conosco i nomi delle vie e dentro la quale non ho difficoltà a perdermi.
Non mi sento pesarese in alcun modo, così come fatico a provare un’appartenenza per qualsiasi cosa (nazione, regione, squadra, famiglia).
Non ho posti speciali dove vorrei far ritorno o dove desidererei essere sepolta perchè tutto quello che ho di importante e prezioso lo tengo dentro la testa.

Eppure c’è questo laghettone che abbiamo dietro casa e che frequentiamo da quando i bambini erano piccoli che ha fatto breccia nel mio cuore e silenzioso ha guadagnato uno spazio ormai decisamente rilevante.

Di lui mi pace tutto.
La strada per arrivarci, i mutamenti che lo coinvolgono a seconda delle stagioni, i ragazzi che pescano sulla riva e quella sensazione di stare in una dimensione parallela, pacifica e tranquilla.

Non sapendo nuotare ho un vero e proprio terrore dell’acqua, che spesso nei sogni mi aggredisce e mi annega.
Non mi piace il mare con le sue onde imprevedibili e detesto i fiumi dalle infide correnti, il lago invece con quel suo specchio di cielo mi sembra il posto più bello dove tornare, talvolta anche solo col pensiero.

E anche se credevo di non averne bisogno ora sono contenta di avere una specie di luogo dell’anima.

Anche tra le mura di casa mi aspettano i colori sgargianti dell’ennesima fioritura della mia orchidea-mostro che con le sue dimensioni intimorisce tutte le altre e le riduce a foglie incerte e improduttive.

E poi il mio Marimo di cui non ricordo se ho già parlato ma che con delle cure davvero minime, ci regala ogni giorno l’ebbrezza di qualche voletto acquatico e il piacere di arredargli casa con tutti i ciaffetti che troviamo in giro.

E poi la mia nuova passione… ovvero lo studio dei Tarocchi, che per anni e anni mi hanno chiamata e a cui solo ora ho deciso di rispondere.

Quello delle carte è un mondo incredibile, lontanissimo dallo stereotipo del veggente e della fattucchiera.
E’ un percorso individuale di studio (talvolta molto arduo) volto soprattutto alla comprensione di se stessi.
Ma è anche un viaggio dentro l’arte che da secoli si occupa dei Tarocchi interpretandoli in centinaia di modi diversi.
Da quando bazzico le pagine Instagram dei tarologi ho scoperto che c’è una sviluppatissima vena di collezionismo che attinge a vari mercati e che la produzione di tarocchi è continua e variegata.

Io per ora mi sono procurata un mazzo dei classici Rider Waite che sono quelli utilizzati nella maggior parte dei manuali ma non vedo l’ora di essere così brava da potermi permettere la lettura di quelli più estrosi pubblicati da Lo Scarabeo.

Ma non di solo spirito vive l’uomo e quindi, dopo aver fallito l’ennesima crostata (ebbene si, Oriana, sigh), mi sono buttata su una delle cose che mi riesce meglio ovvero il pan brioche.
Adoro il processo di lievitazione degli impasti!
Penso non ci sia nulla di più affascinante di questi mollicci che si duplicano e si fanno nuvola, pronti ad accogliere il mio ripieno preferito (Nutella ovviamente).
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Avanti con la primavera ora!
A presto